Policolture pedemontane dell’Etna

L'aspro paesaggio delle colate laviche dell'Etna, estendendosi su terrazzi, trova coltivazioni di pero, melo, susino, castagno, noce, nocciolo, ulivo e ciliegio, alle quali viene diffusamente consociata la vite

L’area dedita all’arboricoltura promiscua del versante nord-occidentale dell’Etna, estesa per circa 1038 ettari, si trova nei comuni di Maletto, Bronte e Randazzo.

La significatività dell’area è espressa dalla permanenza di un’agricoltura tradizionale dalle lontane origini storiche, caratterizzata dalla vite, dai frutteti promiscui e dal pistacchio, che contrasta l’aspro paesaggio delle colate laviche, estendendosi nelle parti più elevate su terrazzi.

Le specie arboree coltivate sono: pero, melo, susino, castagno, noce, nocciolo, ulivo, ciliegio, alle quali viene diffusamente consociata la vite, generalmente ad alberello. Frequentissima la presenza del ficodindia. Molti di questi sistemi colturali promiscui mantengono ancora oggi un buon livello di integrità, espresso anche dalla presenza di elevati valori di biodiversità specifica e strutturale al loro interno.

I vecchi sistemi terrazzati, ancora ben conservati, presentano alta densità a differenza delle nuove realizzazioni con terrazzo più ampio per facilitare le lavorazioni meccanizzate. L’abbandono colturale rappresenta il fattore di vulnerabilità più importante per questo paesaggio. Dopo l’intensa messa a coltura delle terre e la raggiunta grande estensione della superficie agricola e terrazzata nel XIX secolo sull’intera fascia pedemontana dell’Etna, l’abbandono dei coltivi ad alta quota ha portato a una riduzione dei limiti altitudinali superiori delle colture, mentre a alle quote più basse, la minaccia deriva dall’urbanizzazione residenziale discontinua.

Policolture pedemontane dell’Etna

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